Tempio della Concordia
Dedicato nel 367 a.C. da Furio Camillo, colui che conquistò l’acerrima nemica di Roma, Veio. Con tale tempio egli volle celebrare la pacificazione tra patrizi e plebei, che ormai da oltre 150 anni dilaniava la vita politica della città. Proprio in quell’anno infatti, finalmente, i plebei videro riconosciuta la parificazione dei loro diritti politici a quelli dei patrizi. Dopo anni di estenuanti scontri si era finalmente raggiunta a Roma l’Égalité. Ma sembra che non furono solo le secessioni (come quella famosissima dell’eloquente Menenio Agrippa), le battaglie politiche e la tenacia plebea a garantire tale risultato. Il tutto sarebbe stato, principalmente, frutto di una gelosia tra sorelle. Sembra infatti che le due figlie di M. Fabio Ambusto andarono in spose una ad un patrizio, l’altra ad un plebeo. Quest’ultima ebbe presto a che ridire con il padre, poiché il cognato poteva aspirare ad una carriera politica che suo marito, in quanto plebeo, aveva preclusa in partenza. Per mantenere la pace in famiglia dunque Ambusto, con il genero G. Licinio Stolone e l’aiuto di Lucio Sestio, avrebbe proposto la legge che portò alla parificazione degli ordini. Nel 121 a.C. il tempio venne riedificato dopo la fine delle rivolte graccane, in tale frangente la Concordia ritrovata divenne un vuoto nome per celebrare in realtà la vittoria dell’aristocrazia conservatrice sulla democrazia. In tale riedificazione del 121 a.C. sarebbe stato introdotto per la prima volta l’uso del travertino in un monumento pubblico della città. Nel tempio si riunì spesso il senato e Cicerone fece risuonare tra le sue colonne la sua quarta Catilinaria. Vi si riunivano anche i Fratres Arvales. Tiberio volle che esso divenisse un vero e proprio museo. Nel Medioevo anche quest’edificio iniziò il suo declino, vi fu realizzata una torre, una cordonata e una strada (rimossa solo negli anni Ottanta del secolo scorso); il progressivo interro fece poi il resto.